Ha senza dubbio fascino il concetto di Arte Quantistica che – per definizione – comprende una grande serie di sfaccettature, idee, ottiche e relative prospettive.
Quel passaggio dall’Io al Noi, dal pensiero individuale a quello collettivo – che a mio parere non è pensiero unico, ma partecipato – ha subito catturato la mia attenzione.
Quel Noi sinonimo si “collettivo”, di “quanti collaboranti”, che ha l’obiettivo di condividere la biodiversità biologica e di principi di ognuno per una vera coscienza/conoscenza.
Coscienza/conoscenza per la realizzazione di un Uomo nuovo, diverso, empatico; per una diversa rifrazione della realtà che dovrà tendere all’armonia, all’equilibrio, ma dovrà porre molta attenzione alla tutela della biodiversità e della proprietà intellettuale.
Equilibrio e armonia che dovranno essere caratteristiche del rapporto tra Arte e Scienza; rapporto che riguarderà lo scambio culturale e artistico essenziale per la creatività.
Consapevoli che il gesto artistico è frutto di metodi, forme e processi scientifici e culturali modulati da onde emozionali, cromatiche e sonore, nonché da proprietà fisiche e biologiche.
La mescolanza di tutti questi “ingredienti” sprigiona quella Energia Creativa che caratterizza soprattutto la Donna, quintessenza di fertilità, perciò di creatività.
La Donna è l’elemento che potrà veicolare il passaggio a una società nuova che tenda a un equilibrio energetico tra Uomo e Donna per un’umanità migliore.
Realtà come Illusione e Illusione come Realtà; è forse questa la sintesi della Quantum Art?
E con “Illusione”, in questo caso, si vuole intendere tutto quello che i nostri sensi non riescono a percepire, ma che esiste ed è comunque reale: la fisica quantistica e la meccanica quantistica studiano appunto l’”Illusione” che non riusciamo a percepire.
“Gli stati quantistici sono elementi di uno spazio di Hilbert, uno spazio astratto che alcuni fisici definiscono come uno “spazio delle potenzialità” o delle “possibilità”. Le grandezze fisiche che possono essere misurate (posizione, velocità, energia, momento magnetico, eccetera) sono chiamate osservabili.”
Tutto lo scambio che deve esistere quindi, a mio modo di vedere, dovrà riguardare Arte e Scienza ma soltanto nelle forme culturali di ricerca, studio e creazione.
Non condivido l’obiettivo imprenditoriale/aziendale/commerciale, non sento di poter condividere alcunché con l’Italia degli Innovatori dell’ex ministro Brunetta.
Sono fermamente convinta che l’artista non possa creare con l’idea di dover produrre qualcosa di quantistico, o di relativo a qualsiasi altra corrente artistica, ma il lavoro – se quantistico è – deve esserlo per qualità intrinseche all’artista e al lavoro stesso.
E, d’accordo con il pensiero di Gillo Dorfles, condivido “[…] Molti sperimentalismi su cui si basavano tante costruzioni di artisti “concreti”, cinetisti, di opere “op” che cercavano di uniformarsi alle leggi percettivistiche koehleriane – come quelle dei gradienti marginali, della buona continuazione, del negativo-positivo – indubbiamente attendibili dal punto di vista psicologico ma le cui applicazioni lasciavano spesso a desiderare; soprattutto quando erano poste a valle delle operazioni artistiche; ossia quando le stesse erano state realizzate sforzandosi di seguire i dettami di quelle leggi e non quando, a posteriori, si era potuto constatare che in taluni dipinti o in talune opere plastiche apparivano le suddette leggi in maniera “spontanea”. […] Potrei continuare le citazioni e rammentare alcuni deludenti risultati della cibernetica applicata all’arte (Max Bense), delle sculture costruite su formule algebriche (Max Bill)[…] In altre parole: se è ovvio che la stessa nostra percezione risponde a dei requisiti determinati dalla costituzione anatomica e fisiologica dei nostri organi di senso; se è logico ammettere che principi di una fisica generale regolino le forme e i colori, le architetture, le composizioni sonore come regolano ogni altra realizzazione fisica sancita dai princìpi della scienza e della meccanica, dovrebbe essere chiaro che non è attraverso le conquiste d’un “pensiero scientifico” che potremo accrescere la nostra comprensione dell’opera d’arte né la nostra creatività artistica.” (Elogio della Disarmonia)
In maniera rude, per sintetizzare, l’artista per “creare” non deve recarsi nel “pensatoio” per elaborare, ma qualsiasi metodo scientifico, o acquisizione scientifica, deve essere già patrimonio dell’artista che, “creando”, emotivamente applica quel patrimonio di coscienza/conoscenza che ha introiettato.
E’ per tutto questo che preferisco lasciare il gruppo poiché quanto detto si dissocia in gran parte da tutto ciò che è l’attuale e futura attività di QAGI e QAGI-i.
Tempo fa si affermò che le direttive son quelle già espresse e chi voglia aderire al gruppo deve condividere in toto quanto le linee guida dettano.
Non sento, infine, di essere la pronipotina dei Futuristi, percepisco come abusati, stereotipati e fuori luogo termini come “nuovo rinascimento” e “innovazione”.